[ RECENSIONE ] Il bambino del treno di Paolo Casadio | Piemme

IL BAMBINO DEL TRENO di Paolo Casadio
240 pagine | €17.50 cartaceo

Il casellante Giovanni Tini è tra i vincitori del concorso da capostazione, dopo essersi finalmente iscritto al pnf. Un'adesione tardiva, provocata più dal desiderio di migliorare lo stipendio che di condividere ideali. Ma l'avanzamento ottenuto ha il sapore della beffa, come l'uomo comprende nell'istante in cui giunge alla stazione di Fornello, nel giugno 1935, insieme alla moglie incinta e a un cane d'incerta razza; perché attorno ai binari e all'edificio che sarà biglietteria e casa non c'è nulla. Mulattiere, montagne, torrenti, castagneti e rari edifici di arenaria sperduti in quella valle appenninica: questo è ciò che il destino ha in serbo per lui. Tre mesi più tardi, in quella stessa stazione, nasce Romeo, l'unico figlio di Giovanni e Lucia, e quel luogo che ai coniugi Tini pareva così sperduto e solitario si riempie di vita. Romeo cresce così, gli orari scanditi dai radi passaggi dei convogli, i ritmi immutabili delle stagioni, i giochi con il cane Pipito, l'antica lentezza di un paese che il mondo e le nuove leggi che lo governano sembrano aver dimenticato. Una sera del dicembre 1943, però, tutto cambia, e la vita che Giovanni, Lucia e Romeo hanno conosciuto e amato viene spazzata via. Quando un convoglio diverso dagli altri cancella l'isolamento. Trasporta uomini, donne, bambini, ed è diretto in Germania. Per Giovanni è lo scontro con le scelte che ha fatto, forse con troppa leggerezza, le cui conseguenze non ha mai voluto guardare da vicino. Per Romeo è l'incontro con una realtà di cui non è in grado di concepire l'esistenza. Per entrambi, quell'unico treno tra i molti che hanno visto passare segnerà un punto di non ritorno.
Il Bambino del Treno è un romanzo delicato che sembra quasi sussurrare al lettore, entrando in punta di piedi in una storia che apparentemente risulta estranea all'epoca che viene raccontata - e che noi siamo abituati ad affrontare sotto forme indubbiamente più atroci e dolorose - ma che appare in grado di coinvolgere con pazienza e silenzio, orgoglio e solitudine il punto più intimo  della nostra coscienza.

È la storia di Giovannino Tini che - dopo essersi iscritto al Partito Nazionale Fascista ed aver vinto il posto di capostazione - viene incaricato responsabile della stazione di Fornello, un piccolo borgo di origine ferroviaria inesorabilmente isolato e ben lontano dalla vita cittadina. Ed è lì che si trasferisce insieme alla moglie Lucia. Lì che prenderanno forma le prime amicizie, le prime abitudini, le prime mancanze, le prime incomprensioni e l'arrivo a lungo atteso del loro primogenito, Romeo. Ed è proprio attraverso i suoi occhi - disincantati e sempre vigili - che il lettore entrerà in contatto con le decisioni politiche dell'epoca, con le spinte totalitarie di Hitler e con l'introduzione delle leggi razziali che, anche in Italia, segneranno vita e destini di milioni di innocenti. Romeo Maria Tini è un bambino dotato di uno spirito critico fuori dal comune: intelligente ed educato, rispettoso e gran lettore spinge la sua curiosità ben oltre la coltre di nebbia che sembra avvolgere Fornello e i suoi pochi, ignari abitanti. Una curiosità che si trasforma ben presto nella sorprendente capacità di afferrare anche il più piccolo tra i significati, soffermandosi su quelle sfumature ed incomprensibili sfaccettature che altrimenti sarebbero andate perdute, mai capite, ignorate.

Una sera del dicembre 1943 quella coltre di solitudine ed incolpevole ignoranza cade improvvisamente nel momento esatto in cui la vita della famiglia Tini si scontrerà idealmente con un convoglio diverso dagli altri « sono due vagoni merci, chiusi, color rosso fegato ma a giudicare dalla scorta devono contenere un tesoro. Oppure armi.. Bestie. » che conduce uomini, donne e bambini verso un destino che non ha colori, che non ha sfumature se non dolore e morte, figli di un odio ingiustificato senza precedenti.  Probabilmente non siamo abituati a leggere romanzi che trattino lo sterminio nazista da una prospettiva apparentemente lontana, estranea. Eppure Paolo Casadio con una scrittura intensa e lineare, semplice e coinvolgente riesce a trasmettere con sensibilità e opportuna delicatezza quell'autentico stupore che coglie impreparati i suoi protagonisti. Uno stupore che si trasforma presto in orrore, in paura, in incertezza per un futuro dove nessuno, in fondo, può dichiararsi al sicuro. Sensazioni che sono accentuate dall'innocenza di chi le racconta. Un bambino sicuramente atipico, in parte lontano dal modo di pensare e di agire dei suoi coetanei, ma proprio per questo lucido ed istintivo, incapace di mascherare la verità e quelle reazioni che esplodono letteralmente dal cuore.

In conclusione, voglio consigliarvi la lettura di Il bambino del treno perchè Paolo Casadio ci regala una storia pura e sensibile che mette al centro la famiglia e l'amore, l'innocenza di un bambino che si scontra con l'ignominia del mondo adulto e l'importanza fondamentale della memoria, di quei segni tangibili che non possono e non devono essere dimenticati. Perchè chi dimentica o chi si volta dall'altra parte è tanto colpevole quanto il più atroce dei persecutori. Ieri come oggi.

Ringrazio la casa editrice per la copia cartacea del romanzo

Nessun commento

Powered by Blogger.
Back to Top