LIZZIE di Shirley Jackson
316 pagine | €12.00 cartaceo
Adelphi | Link Affiliato Amazon
La protagonista, Elizabeth Richmond, ventitré anni, i tratti insieme eleganti e anonimi di una «vera gentildonna» della provincia americana, non sembra avere altri progetti che quello di aspettare «la propria dipartita stando il meno male possibile». Sotto un'ingannevole tranquillità, infatti, si agita in lei un disagio allarmante che si traduce in ricorrenti emicranie, vertigini e strane amnesie. Un disagio a lungo senza nome, finché un medico geniale e ostinato, il dottor Wright, dopo aver sottoposto la giovane a lunghe sedute ipnotiche, rivelerà la presenza di tre personalità sovrapposte e conflittuali. È solo l'inizio di un inabissamento che assomiglierà, più che a un percorso clinico coronato da un successo terapeutico, a una discesa amorale e spietata nelle battaglie angosciose di un Io diviso, apparentemente impossibile da ricomporre: tanto che il dottor Wright sentirà scosse le fondamenta non solo della sua dottrina, ma della sua stessa visione del rapporto tra l'identità e la realtà.
Lizzie non era una lettura programmata, va detto. Forse più una seconda occasione. Quel 'dai, riproviamoci!' così tipico di un segno zodiacale testardo e permaloso come pochi a questo mondo (scorpione, ndr) che non accetta facilmente una sconfitta men che meno una reazione tiepida, soprattutto se (come in questo caso) tutti - ma proprio tutti, autore preferito compreso - sembrano aver amato alla follia Shirley Jackson.
Ehi, magari mi sono sbagliata io, mi sono detta mettendo le mani avanti con un pizzico di speranza e invece no. Io e la cara Shirley proprio non riusciamo a prenderci. Eppure le basi per qualcosa di molto buono c'erano tutte. E anche la tematica, mannaggia, mi ha sempre conquistato con una facilità così disarmante da essere quasi un rigore a porta vuota. Ma cosa è andato storto con la Jackson, allora?
Citando la grande Mina potrei dire solo una cosa: parole, parole, parole.