UN RAGAZZO NORMALE di Lorenzo Marone
Prezzo: 16.50€ | Pagine: 283
Mimì, dodici anni, occhiali, parlantina da sapientone e la fissa per i fumetti, gli astronauti e Karaté Kid, abita in uno stabile del Vomero, a Napoli, dove suo padre lavora come portiere. Passa le giornate sul marciapiede insieme al suo migliore amico Sasà, un piccolo scugnizzo, o nel bilocale che condivide con i genitori, la sorella adolescente e i nonni. Nel 1985, l'anno in cui tutto cambia, Mimì si sta esercitando nella trasmissione del pensiero, architetta piani per riuscire a comprarsi un costume da Spider-Man e cerca il modo di attaccare bottone con Viola convincendola a portare da mangiare a Moria, la tartaruga che vive sul terrazzo all'ultimo piano. Ma, soprattutto, conosce Giancarlo, il suo supereroe. Che, al posto della Batmobile, ha una Mehari verde. Che non vola né sposta montagne, ma scrive. E che come armi ha un'agenda e una biro, con cui si batte per sconfiggere il male. Giancarlo è Giancarlo Siani, il giornalista de "Il Mattino" che cadrà vittima della camorra proprio quell'anno e davanti a quel palazzo. Nei mesi precedenti al 23 settembre, il giorno in cui il giovane giornalista verrà ucciso, e nel mondo circoscritto dello stabile del Vomero (trenta piastrelle di portineria che proteggono e soffocano al tempo stesso), Mimì diventa grande. E scopre l'importanza dell'amicizia e dei legami veri, i palpiti del primo amore, il valore salvifico delle storie e delle parole. Perché i supereroi forse non esistono, ma le persone speciali e le loro piccole, grandi azioni non muoiono mai e sono come il mare: luccicano in eterno.
Ricordo perfettamente la curiosità pura e irresistibile così cara e ben conosciuta a noi lettori compulsivi quando, qualche settimana fa, ho appreso la notizia dell'imminente uscita di Un ragazzo normale di Lorenzo Marone. Attesa e aspettative che rispecchiavano chiaramente quelle emozioni suscitate con naturalezza sorprendente dalle lettura di Magari Domani Resto e dall'incontro inaspettato con Luce capace di conquistarmi fin dalle prime, ironiche battute. Aspettative - alte - che si sono purtroppo scontrate con la realtà di un romanzo che su di me è passato inesorabilmente in sordina, senza lasciarmi addosso nulla di quell'ammaliante elettricità che ero così certa di ritrovare tra le sue pagine.
Ricordo perfettamente la curiosità pura e irresistibile così cara e ben conosciuta a noi lettori compulsivi quando, qualche settimana fa, ho appreso la notizia dell'imminente uscita di Un ragazzo normale di Lorenzo Marone. Attesa e aspettative che rispecchiavano chiaramente quelle emozioni suscitate con naturalezza sorprendente dalle lettura di Magari Domani Resto e dall'incontro inaspettato con Luce capace di conquistarmi fin dalle prime, ironiche battute. Aspettative - alte - che si sono purtroppo scontrate con la realtà di un romanzo che su di me è passato inesorabilmente in sordina, senza lasciarmi addosso nulla di quell'ammaliante elettricità che ero così certa di ritrovare tra le sue pagine.
Pur trovando davanti a me un romanzo scorrevole e pressoché lineare, vari punti durante la lettura di Un ragazzo normale mi hanno lasciata interdetta e proprio su questi voglio focalizzare la mia attenzione. Mimì è la voce narrante. Un bambino di appena dodici anni fornito di un linguaggio accuratamente forbito, curioso e intelligente, amante della lettura. Un personaggio, a lungo andare, quasi supponente e spocchioso con cui non sono mai riuscita a trovare la giusta sintonia. Ho trovato la sua caratterizzazione incoerente e forzata sia rispetto all'anno in cui è ambientato il romanzo sia per quanto concerne la sua fanciullesca età perchè Mimì non possiede nulla della spontaneità quasi imbarazzante ed ironica dei bambini. D'altronde, sono i personaggi raccontati da Marone in questo romanzo ad essere sorprendentemente privi di quel calore naturale, di quell'avvolgente empatia e di quello spessore umano a cui ci aveva così piacevolmente abituati.