In una clinica psichiatrica immersa nella campagna innevata alle porte di Berlino si consumano le nove ore che precedono la paura. Pazienti, medici, infermieri scoprono che il Ladro di anime, il folle che da tempo terrorizza la città si trova all'interno della struttura. Di lui si conoscono soltanto i crudeli effetti provocati da un misterioso trattamento che riduce le vittime a meri involucri, e gli ambigui indovinelli che lascia dietro di sé come macabra firma. Inizia cosí una frenetica caccia al serial killer, guidata da Caspar, un ex chirurgo che ha perso la memoria in seguito a una tragedia personale. Mentre il tempo scorre inesorabile nel tentativo di neutralizzare il Ladro di anime, Caspar vede riaffiorare dal subconscio pezzi della sua vita precedente, che fanno luce sulla sua identità e sul suo passato, costringendolo a uno sconvolgente viaggio negli abissi piú oscuri della propria psiche.
Partiamo dalla fine: leggetelo. Se non lo avete ancora fatto, abbandonate tutto quello che state facendo (torte, pizze, ancora torte, pane e, sì, anche quel libro che state tenendo in mano) e lasciatevi conquistare dalla scrittura ammaliante e pericolosa di Sebastian Fitzek. Perchè pericolosa? Perchè crea dipendenza, dannazione. Il nome di Fitzek non mi era affatto sconosciuto e avevo solo sentito parlare bene dei suoi romanzi - come Schegge e La terapia che saranno miei molto presto - ma io tendo a diffidare per natura, oramai dovreste averlo capito. Mi sono sbagliata, chiaramente. Arrivavo da un mese povero di letture, eppure sono bastate meno di quarantotto ore per divorare letteralmente un romanzo su cui non sono riuscita - e non riesco nemmeno ora a mente fredda - a scorgere una lacuna, neppure una piccola macchietta contro luce. Sì, mi sono innamorata di Fitzek, che ci posso fare?