[ RECENSIONE ] Anna di Kleve - La regina dei segreti di Alison Weir


ANNA DI KLEVE - LA REGINA DEI SEGRETI di Alison Weir
532 pagine | €19.00 cartaceo

Kleve, 1530. Come ogni estate il Duca Giovanni III ha condotto la sua consorte e i loro figli alla Schwanenburg, la maestosa fortezza che sorge in cima a una ripida altura di roccia dalla quale domina le acque impetuose del Reno e la città di Kleve. Quel giorno si uniranno a loro per una breve visita lo zio Otho von Wylich, signore di Gennep, sua moglie Elisabeth e Otho, il figlio bastardo. Non appena il giovane Otho von Wylich scende dal cocchio, alla quattordicenne Anna quasi si ferma il cuore: con i capelli castani ondulati, gli zigomi alti e gli occhi allegri, Otho esercita un’attrazione irresistibile sulla cugina, sebbene dall’età di undici anni Anna sia ufficialmente fidanzata con Francesco, futuro Duca di Lorena. Ma l’amore non è forse una sorta di follia che spinge ad agire senza senno, come Anna ha appreso ascoltando i pettegolezzi di dame e domestiche? Anni dopo, Anna è una giovane donna con l’animo gravato da un doloroso segreto. Dopo la morte del padre, suo fratello Guglielmo ha assunto il ruolo di duca, dichiarando che, fino alle nozze, le sorelle condurranno un’esistenza ritirata. Ma dalla rottura del fidanzamento con Francesco, avvenuta quattro anni prima, per Anna non sembrano esserci prospettive di matrimonio all’orizzonte: ha ventitré anni, ormai, e nessun altro principe ha chiesto la sua mano. Un giorno, però, a farsi avanti è un pretendente che non può essere rifiutato: re Enrico VIII, il sovrano d’Inghilterra al centro dei pettegolezzi di tutte le corti del mondo cristiano.


A fare la parte del leone - e a salvare le sorti - in questo quarto romanzo della serie dedicata alle mogli di Enrico VIII è senza ombra di dubbio la scrittura meravigliosa, coinvolgente ed accurata di Alison Weir. Il resto, ahimè, si perde completamente. A partire da quella che avrebbe dovuto essere l'assoluta, incontrastata e nuova protagonista femminile, Anna di Kleve. Di lei ricordo due cose su cui per conformazione femminista difficilmente potrei soprassedere: un'ingenuità costante che - a lungo andare - risulta essere impresa ardua da giustificare e un carattere accomodante e remissivo al punto da dare quasi noia. Non la prima ad esserlo, in effetti. Ma con Caterina ho cercato - con molto sforzo - di comprendere la sua motivazione spinta da quell'amore così profondo ed incondizionato (per nulla meritato) per il giovane, fugace e farfallino Enrico. Ma qui cosa abbiamo? Affetto, rispetto, un qualche piacevole movimento tra le regali lenzuola? Spoiler alert: il vuoto totale. Niente, nada, lo zero assoluto.

La storia di Anna è qualcosa di abbastanza semplice, in realtà. Promessa bambina al futuro Duca di Lorena, anni dopo verrà data in sposa ad Enrico VIII, re d'Inghilterra. Nel mezzo un semplice ritratto che spingerà il re a scegliere quella giovane di buone premesse e con all'orizzonte non trascurabili alleanze politiche in un'Europa inquieta e sempre sull'orlo di una guerra. Ma, va detto, il ritratto di allora non era poi diverso dai filtri di Instagram di oggi: sistema un po' qua, taglia un po' di là, fai vedere quel bel sorriso, oh dio, nascondi quel doppio mento e il gioco è fatto. Non sappiamo se il problema fosse una mancanza di attrazione tra i novelli sposi o se Enrico avesse compreso quale segreto la giovane celasse da tempo sotto gli ingombranti vestiti di corte, quello che vediamo, invece, è il ripetersi di uno schema fin troppo familiare: non mi vai bene, trovo l'inghippo, tanti cari saluti e bye bye. Diciamo che, almeno la cara Caterina diede filo da torcere al capriccioso Re d'Inghilterra, ma non la placida, sorridente, melliflua e assecondante Anna. No, lei no. Rimane lì, in Inghilterra, assume il ruolo di amatissima sorella del re e si lascia travolgere da mille e più decisioni che la riguardano, ma evidentemente poco le interessano. Aggiungeteci una buona rendita e quattro o cinque possedimenti qua e là e avrete il quadro completo.

Sì, forse sono anche troppo severa. Immagino non sia stato facile essere rifiutata da un uomo di mezza età, non particolarmente aitante, con una gotta cronica e un odore difficile da ignorare in quelle poche occasioni di fugace intimità, ma per il resto - credetemi - non sono riuscita a trovare alcun appiglio. Empatia non pervenuta, la storia di Anna in terra inglese mi è scivolata sotto gli occhi senza lasciarmi nulla se non quel poco trascurabile senso di noia e perenne fastidio. Un rash cutaneo particolarmente insistente, potremmo anche vederla in questo modo. Cosa avrei sperato di leggere? Okay, sembra strano pure a me dirlo, ma davvero avrei voluto più Enrico. La sua presenza in questo contesto avrebbe avuto un senso, una necessità, una parvenza di completezza che spero non si ripeterà in futuro. Perchè se nei precedenti romanzi questo desiderio non si è mai palesato, soprattutto grazie ad una presenza femminile bella piena di spessore, qui non sono davvero riuscita nemmeno lontanamente a comprendere Anna di Kleve. Per carità, può essere anche una mia personale mancanza, ma niente, non ci siamo proprio.

D'altro canto, il che giustifica un tre pieno e meritato, la scrittura di Alison Weir si conferma in tutta la sua naturale bellezza riuscendo, in questo caso, a mettere a tacere le mie lagnanze e a farmi trascorrere piacevoli ore di lettura storica come sono abituata oramai da mesi. Diciamo che, a conti fatti, in questo romanzo la Weir ha fatto un lavoro immenso dando voce e quel minimo di interesse ad un personaggio storico femminile di cui, tirando le fila del discorso e di una recensione quantomai irrefrenabile, avrei fatto anche volentieri a meno.

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