[ RECENSIONE ] La costola di Adamo di Antonio Manzini | Sellerio

LA COSTOLA DI ADAMO di Antonio Manzini
282 pagine | €14.00 cartaceo
Rocco Schiavone ha la mania di paragonare a un animale ciascuna delle fisionomie umane che gli si para davanti. È uno sbirro manesco e tutt'altro che immacolato, romano di conio trasteverino, con una piaga di dolore e di colpa che non può guarire. Ad Aosta, dove l'hanno trasferito d'ufficio, preferirebbe tenere le sue Clarks al riparo dall'acqua e godersi i suoi amorazzi, che non imbarcarsi in un'altra inchiesta piena di neve. Una donna, una moglie che si avvicinava all'autunno della vita, è trovata cadavere dalla domestica. Impiccata al lampadario di una stanza immersa nell'oscurità. Intorno la devastazione di un furto. Ma Rocco non è convinto. E una successione di coincidenze e divergenze, così come l'ambiguità di tanti personaggi, trasformano a poco a poco il quadro di una rapina in una nebbia di misteri umani, ambientali, criminali. Per dissolverla, il vicequestore Rocco Schiavone mette in campo il suo metodo annoiato e stringente, fatto di intuito rapido e brutalità, di compassione e tendenza a farsi giustizia da sé.
Torno a respirare, finalmente. Dopo una lettura molto deludente come è stata Hanover House di B. Novak, sentivo il vitale bisogno di qualcosa di fresco ed intrigante, un romanzo capace di farmi sorridere e arrovellare allo stesso tempo. Avevo bisogno di lui, Rocco Schiavone. 

Dopo aver letto (divorato, adorato, amato) Pista Nera di Antonio Manzini e aver conosciuto il suo eclettico, imperscrutabile, affascinante (e stronzo) protagonista sapevo già in cuor mio che non sarebbe passato troppo tempo dal nostro secondo appuntamento. Ed eccomi qua, immersa nel freddo glaciale di Aosta con un nuovo caso da risolvere che fa immediatamente breccia nel cuore di una storia capace di scorrere sotto i nostri occhi con la medesima facilità, ma che risulta essere più complessa e matura rispetto al capitolo precedente. Schiavone si trova tra le mani un caso di suicidio femminile che, ad un occhio oramai avvezzo ai dettagli (e alle fregature), appare quanto mai anomalo, per non dire strano o difficilmente credibile. Silenzio e violenza sono gli elementi che caratterizzano un'indagine in cui nulla può essere lasciato al caso e che porta - seppur per strade diverse - il nostro amato vice questore ad affrontare ombre di un passato che ancora ben pochi conoscono e che sembra urlare ancora vendetta.

Cosa troverete, quindi, in La costola di Adamo? Un giallo ben costruito, specifico nei suoi dettagli e capace di colorarsi di luci ed ombre tali da rendere sorprendente al punto giusto, non impossibile da prevedere a mente fredda, ma criptico nell'atto della sua lettura (chiaramente io non ci avevo capito nulla!, ndr.). Ma, in primis, prima del giallo, prima del mistero e della sua risoluzione, troverete Rocco Schiavone. Qui, infatti, Manzini inizia a sbottonarsi (non troppo, ma a lui oramai posso concedere anche questo) lasciando intravedere ombre di un passato non troppo lontano, di un dolore che non accenna a diminuire, di una ragione dilaniata dal senso di colpa.

Perchè soffermarsi al Rocco Schiavone del primo libro non basta. Lì avevamo avuto qualche piccolo accenno della sua complessità, qualche lieve sensazione mai effettivamente confermata da parole o fatti. Qui, Manzini, ci permette di sbirciare (seppur in minima parte) ciò che in modo ostinato ci è stato taciuto, partendo da dove tutto è nato e si è distrutto, trovando consapevolezza della profondità di un personaggio che non è solo sfacciataggine e parolacce. Perchè dietro ogni azione superficialmente incomprensibile, dietro ogni risposta al vetriolo, dietro ogni parola sputata (in senso letterale) in faccia al suo prossimo si nasconde molto più di quello che Schiavone vuol lasciare intendere. Questo mi ha incuriosito nel primo libro e ancora questo mi ha conquistato nel secondo.

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