[ RECENSIONE ] The chain di Adrian McKinty | Longanesi

THE CHAIN di Adrian McKinty
352 pagine | €19.50 cartaceo

Mi chiamo Rachel Klein e fino a pochi minuti fa ero una madre qualunque, una donna qualunque. Ma adesso sono una vittima. Una criminale. Una rapitrice. È bastato un attimo: una telefonata, un numero occultato, poche parole. Abbiamo rapito tua figlia Kylie. Segui le istruzioni. E non spezzare la Catena, oppure tua figlia morirà. La voce di questa donna che non conosco mi dice che Kylie è sulla sua macchina, legata e imbavagliata, e per riaverla non sarà sufficiente pagare un riscatto. Non è così che funziona la Catena. Devo anche trovare un altro bambino da rapire. Come ha fatto lei, la donna con cui sto parlando: una madre disperata, come me. Ha rapito Kylie per salvare suo figlio. E se io non obbedisco agli ordini, suo figlio morirà. Ho solo ventiquattro ore di tempo per fare l’impensabile. Per fare a qualcun altro ciò che è stato fatto a me: togliermi il bene più prezioso, farmi precipitare in un abisso di angoscia, un labirinto di terrore da cui uscirò soltanto compiendo qualcosa di efferato. Io non sono così, non ho mai fatto niente di male nella mia vita. Ma non ho scelta. Se voglio salvare Kylie, devo perdere me stessa.
Scorrendo le uscite del mese di settembre The Chain di Adrian McKinty non era decisamente nei miei programmi tanto da non essere menzionato nemmeno nella mia wishlist. Cosa mi ha spinto, allora, a leggere questo thriller? La massa. Tutti lo mostravano, altri lo leggevano e alcuni ne parlavano ed io quando c'è di mezzo un thriller chiacchierato non posso proprio stare zitta.

Inizio subito con il dirvi che The Chain non è un romanzo puro. Nasce, infatti, nel 2012 come racconto ispirato da una singolare tipologia di rapimento attuato localmente in alcune zone del Messico (date un'occhiata alla postfazione e tutto vi sarà più chiaro durante la lettura) unito alle ben più conosciute catene di Sant'Antonio per poi diventare romanzo solo qualche anno più tardi.

Tutto ha inizio in una normalissima mattina di novembre come tante altre con una chiamata anonima e quattro indimenticabili parole: ho rapito tua figlia. Così la vita di Rachel O'Neil viene improvvisamente trasformata in un incubo ad occhi aperti da cui sembra oramai impossibile potersi svegliare. Cosa sareste in grado di fare per salvare la persona che amate? Sareste disposti a rapire un innocente per salvarne un altro? Non esistono opzioni alternative o vie di fuga, non ci sono strade facili da percorrere o scelte che possono essere evitate. Sei tu e il tuo prossimo obiettivo, il successivo anello di una catena senza nome dove ogni errore sarà pagato con la morte.
Non c'è limite al peggio. 
Prima il tumore, poi il divorzio, poi il rapimento di tua figlia: 
e adesso sei diventata un mostro.

La prima parte del romanzo si aggrappa letteralmente alla figura di Rachel, mettendone in evidenza forza e fragilità in un susseguirsi di scelte e conseguenze che porteranno verso una lettura vorace, puntuale e coinvolgente grazie anche ad uno stile diretto e dinamico che non si perde in preamboli e raggiunge in modo rapido e deciso il suo più interessato destinatario. È nella seconda parte, invece, che assistiamo ad un repentino cambio di registro, a mio avviso, reso inevitabile proprio da quella trasformazione da racconto a romanzo di cui vi accennavo all'inizio.

Un cambiamento che all'inizio non ho percepito necessariamente come un aspetto negativo riuscendo, anzi, a realizzare un ritmo ancor più sostenuto ed incisivo oltre ad aggiungere elementi e personaggi capaci di destare la giusta dose di curiosità ed incertezza. Poi, arrivata ad un certo punto, mi sono dovuta parzialmente ricredere. Superando il fatto che i creatori della Catena ci vengono serviti in un scintillante piatto d'argento ben prima della fine (ma senza per questo togliere il gusto della scoperta), quello che proprio mi ha fatto storcere il naso è stato leggere di audaci inseguimenti, sofisticati programmi di spionaggio, armi militari capaci di saltare fuori all'improvviso con una naturalezza forse più adatta ad un film americano che ad un thriller psicologico o di azione. 

Al netto di questi dettagli, rimane un buon thriller d'intrattenimento che si lascia divorare in pochissimo tempo. Una storia che sa racchiudere in sè diverse sfumature ed indagare con la giusta attenzione su molti aspetti dell'animo umano, unendo all'emozione la giusta dose di pathos e curiosità. Non è solo la storia di Rachel O'Neil e del suo dramma, ma anche quello silenzioso di molte altre famiglie e di come ciò che ci colpisce da bambini potrebbe facilmente condizionare il nostro futuro nel bene (certo), ma soprattutto nel male.

Ringrazio la casa editrice per la copia cartacea del romanzo

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