[ RECENSIONE ] Il sogno di Franck Thilliez | Fazi Editore

IL SOGNO di Franck Thilliez
510 pagine | 18.50€ cartaceo
Fazi Editore | Link Affiliato Amazon

Se non fosse per le sue cicatrici e le strane foto che tappezzano le pareti del suo ufficio, si direbbe che Abigaël sia una donna come le altre. Se non fosse per i momenti in cui sprofonda nel mondo dei sogni, si giurerebbe che dica il vero. Ma Abigaël, la psicologa che tutti si contendono per risolvere i casi criminali più intricati, soffre di una grave narcolessia che le rende tutto più difficile. Spesso per lei il confine tra sogno e realtà si confonde, ed è costretta a ricorrere a bruciature e tatuaggi per assicurarsi di essere sveglia e che quello che vede stia realmente accadendo. L’indagine a cui sta lavorando insieme al fidanzato poliziotto Frédéric riguarda un rapitore seriale di bambini, Freddy. I piccoli scomparsi finora sono tre, a quattro mesi di distanza l’uno dall’altro. Ogni rapimento viene annunciato con uno spaventapasseri che indossa gli abiti del bambino rapito precedentemente. Intanto, Abigaël è l’unica sopravvissuta a un terribile incidente d’auto di cui non ricorda nulla e dove hanno perso la vita suo padre e sua figlia. Presto capirà che molte cose di quell’episodio non tornano. E si renderà conto che Freddy sa più di quanto dovrebbe. E non è il solo. Ma per Abigaël il nemico più pericoloso rimane uno: se stessa.


Non è facile trovare un thriller che riesca a stupirmi. Essendo una lettrice senza dubbio vorace del genere in questione, mi sono spesso scontrata con romanzi che di thriller portavano solo il sottotitolo in copertina o altri che - a conti fatti - si sono rivelati una mera illusione. Di delusioni - invece- riesco a ricordarne davvero poche: 
l'ultima è stata proprio Il Sogno di Franck Thilliez.

Premetto di non avere mai avuto un buon rapporto con la letteratura francese, eppure Thilliez con Il Manoscritto (uscito lo scorso anno per Fazi, ndr.) mi aveva stregata, catturata, conquistata dalla prima all'ultima pagina. Ecco perché ho accolto la notizia dell'uscita di questo romanzo con una gioia discretamente poco contenibile, pronta ad immergermi in una storia inquieta e confusa, felice - come solo i lettori di thriller riescono ad essere - di essere presa in giro ancora una volta da quel maledetto genio che mi aveva ammaliata appena pochi mesi prima. Morale della favola: mai una gioia!

In realtà, ci troviamo davanti ad un romanzo che si costruisce attorno ad un dettaglio narrativo e psicologico molto interessante: l'impercepibile confine tra sogno e realtà reso ancor più inafferrabile da una grave forma di narcolessia di cui è affetta la protagonista - Abigael Durnan - stimata psicologa e collaboratrice di polizia. Sono in atto le indagini che la coinvolgono in prima persona nella cattura di un rapitore seriale di bambini, quando a causa di un incidente ancora incomprensibile il padre e la figlia perdono la vita, uscendone lei illesa. Superate a fatica le prime pagine, mi sono sorpresa nel non ritrovarmi completamente assorbita dalla sua storia che continuavo a percepire troppo distante, mancando quel coinvolgimento che mi sarei altrimenti aspettata. Una sensazione di estraneità che si è parzialmente dissolta superato il primo centinaio di pagine: finalmente riuscivo ad intravedere qualche riflesso di quell'estro creativo ed illusorio che mi aveva così affascinata nella precedente lettura. Una speranza vana, purtroppo. Un appunto che mi sento di fare: non è possibile - e nemmeno immaginabile - leggere un romanzo ed essere letteralmente schiaffeggiata da errori grammaticali, refusi continui e coniugazioni sbagliate. Una svista può anche essere fatta passare sotto gamba e tollerata anche da una grammar-fanatica come la sottoscritta, ma quando c'è di mezzo la recidiva forse è ancora più preoccupante.

E come se questo non fosse sufficiente a minare la mia già provata salute mentale, ho dovuto fare ben presto i conti con il peggiore degli incubi per un amante del genere thriller: la più evidente scontatezza. Credetemi, per me è quasi doloroso leggere un romanzo ricco delle più rosee aspettative e non provare assolutamente nulla. Se a questo aggiungiamo l'aver messo a suo posto gran parte dei tasselli senza aver raggiunto nemmeno le duecento pagine, vi fa capire quanto questa lettura si sia rivelata deludente sotto ben più di un punto di vista. Thilliez sa scrivere, su questo sono d'accordo. Eppure scrivere un thriller è facile, farlo bene è un po' più complicato. Non trovate?

Da buona lettrice testarda, continuavo imperterrita la lettura e non smettevo mai di chiedermi cosa fosse accaduto a quell'autore che tanto avevo amato ed altrettanto si era fatto amare. Era stata solo una bella illusione? La mia naturale idiosincrasia (con la erre moscia) era tornata a galla? Magari l'autore si era preso una botta in testa durante la stesura di questo romanzo? Tutte teorie plausibili, anche verificabili. Poi l'illuminazione: Il Sogno è antecedente a Il Manoscritto, pubblicato in Francia esattamente due anni dopo. Forse c'è ancora una speranza, miei cari lettori. Nulla è ancora perduto, credo.

Ringrazio la casa editrice per la copia cartacea del romanzo

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