[ RECENSIONE ] Misery di Stephen King

MISERY  di Stephen King
400 pagine | 10.90€ cartaceo

Paul Sheldon, un celebre scrittore, viene sequestrato in una casa isolata del Colorado da una sua fanatica ammiratrice. Affetta da gravi turbe psichiche, la donna non gli perdona di aver eliminato Misery, il suo personaggio preferito, e gli impone tra terribili sevizie di resuscitarla in un nuovo romanzo. Paul non ha scelta, in certi casi la salvezza può essere peggio della morte.


Fino a pochi minuti fa non sapevo come iniziare questa recensione, poi ho incontrato (per puro caso) una vecchia citazione di Stephen King che si adatta alla perfezione:

Uno dei miei compiti in quanto scrittore è quello di assalire le vostre emozioni
e forse di aggredirvi – e per far questo uso tutti gli strumenti disponibili.

e le emozioni in Misery ti assalgono con una forza inaudita, istintiva, quasi animale.

La storia come la sua stessa ambientazione è di per sé semplice e lineare, almeno in apparenza. Paul Sheldon è uno stimato scrittore statunitense (arrivato al cuore del pubblico grazie al personaggio di Misery Chastain, ndr.) che - a seguito di un incidente non ben specificato - viene salvato da una donna misteriosa, decisamente corpulenta e fortemente asociale, Annie Wilkes. È da quel letto sconosciuto da cui a fatica riemerge in una stanza ammobiliata con dubbio gusto che inizierà il suo personale incubo ad occhi aperti, fatto di sevizie e sadiche torture tanto fisiche quanto psicologiche. La sua colpa? Aver eliminato - senza troppe cerimonie - il personaggio preferito e quasi idealizzato della sua ammiratrice numero uno che ora - complice una costante dose vitale di Novril - lo mette davanti ad un solo definitivo quesito: riportare in vita Misery o morire! (io ve lo ripeto: noi lettori siamo una razza pericolosa)


Inutile girarci intorno: ho amato questo romanzo in ogni parte e sotto ogni punto di vista, partendo proprio dal suo sconcertante inizio. Ho letto le prime dieci pagine con una strana sensazione di euforia pura che mi ha lasciata quasi interdetta: quelle righe era folli, completamente folli. Misery è King, senza ombra di dubbio. Lasciando da parte l'ambientazione e la complessità narrativa che (forse) trattandosi di Stephen mi sarei potuta anche aspettare, con Misery la posta in gioco è decisamente più intima, letale, pericolosa. 

Attraverso gli occhi di Paul Sheldon assuefatto dalla droga e da un destino quasi inevitabile, conosciamo quello che - a mio avviso - è uno dei personaggi cattivi meglio scritti della storia della letteratura: Annie Wilkes è affascinante, folle ed imprevedibile. Una donna chiaramente affetta da gravi turbe psichiche che King si vede ben lontano dallo specificare, lasciando al suo lettore la preziosa libertà di soffermarsi su certi aspetti e fare le dovute congetture, giuste o sbagliate che siano.

Sono le descrizioni particolarmente accurate delle scene più cruente - rese egregiamente sul grande schermo dalla meravigliosa Kathy Bates - che ci permettono di intravedere una profonda oscurità. Quel genere di buio umano che ci verrà rivelato solo nella parte finale e con King non potrebbe essere diversamente. Annie Wilkes racchiude in sè una personalità complessa e difficile da prevedere: si muove perennemente sopra una sottile linea di confine che può passare attraverso momenti di profondo attaccamento personale e di cura quasi materna fino a sfociare in esplosioni di rabbia improvvise, talmente inconcepibili e violente da sfiorare il più totale ed aberrante sadismo umano. Ecco perchè non potrei fare a meno di Stephen King. Riesce a plasmare nero su bianco la perfetta reincarnazione del male rendendola - al tempo stesso - pericolosa, sublime ed affascinante. Sì, perchè no? Anche irresistibile. Sa renderla umana, quasi tangibile, credibile e reale.

Mi fa (quasi) sorridere che ad incarnare il male più assoluto sia proprio un lettore deluso dal proprio scrittore del cuore. Stephen, devo dire che ti è andata bene. Cosa sarebbe successo se avessi letto Misery prima di incontrare il tuo Istituto? Per fortuna, non abito nel Maine.

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