[ RECENSIONE ] La bambina sputafuoco di Giulia Binando Melis

LA BAMBINA SPUTAFUOCO di Giulia Binando Melis 
336 pagine | €16.80 cartaceo

Io mi chiamo Mina e mi piacciono molte cose: denti di leone, tonno in scatola, libri, ricotta, lucciole e soprattutto i draghi, e le fiamme che escono dalla loro bocca. I draghi nessuno li uccide, sono fortissimi e per questo io mi sento una di loro, infatti la prima volta che ho visto Lorenzo non mi sono neanche spaventata. Lui era infuriato, urlava forte e mi ha lanciato un'occhiataccia. Ma io lo so che era solo molto arrabbiato, come me. Stare qui non ci piace per niente e questo è stato un ottimo motivo per diventare amici. Insieme facciamo sul serio. Siamo davvero due brutti ceffi e di fronte a noi se la danno tutti a gambe, perfino la paura. Il nostro mondo ha le regole che abbiamo deciso: ci sono mostri dentro i laghi, gnomi che aspettano il diploma di magia, gocce d'acqua che diventano animali fantastici e licantropi che esistono davvero. Chi non ci crede noi non lo ascoltiamo perché nonostante quello che dicono gli adulti, questa non è immaginazione. Questa è la realtà. Quella migliore per mettere a punto il nostro piano segreto. Un piano di fuga coi fiocchi. Perché io e Lorenzo dobbiamo scappare. Andarcene via dall'ospedale dentro cui viviamo ormai da troppo tempo e raggiungere il mondo fuori. Perché quando rivedremo il cielo, ogni cosa cambierà. Perché quando siamo insieme non ci batte nessuno.


Quello che colpisce immediatamente di questo romanzo è la sua delicatezza. Un approccio che forse non ti aspetti considerato il tema centrale affrontato: quello della malattia, delle lunghe degenze in ospedale, di diagnosi che mai avresti voluto ascoltare, di nomi difficili anche solo da pronunciare e che ti si attaccano sulla pelle fin dentro alle ossa e ancora più in profondità.

Giulia Binando Melis in questo libro d'esordio mette una parte importante del suo passato, dando voce a quella bambina che ancora fa parte della sua vita. Inizialmente mi sono avvicinata alla storia di Mina come un'adulta, ragionando in un modo così lontano da questa fantasiosa narratrice e mi sono trovata in difficoltà. Non solo per la narrazione in prima persona e la voce narrante così giovane, ma soprattutto a causa di una scelta stilistica frutto di un approccio a cui non sono francamente abituata.  I discorsi diretti non presentano punteggiature, si susseguono in modo naturale e spontaneo alla parte narrativa creando quasi un fiume in piena di parole che possono travolgerti, da un lato, ma anche confonderti con il medesimo impatto. Questo è effettivamente accaduto nella prima parte del romanzo, sbagliando completamente punto di vista. Solo quando ho compreso di dover lasciare entrare il mio io fanciullesco in questa lettura, infatti, sono riuscita a trovare quella sintonia che mi era mancata con la sua protagonista insieme alle sue inafferrabili fantasie, ai suoi colori fatti di mille e più sfumature, alle sue paure diverse da quelle del mondo adulto, ma non per questo meno importanti. 

La bambina sputafuoco è la storia di un'amicizia comune, ma straordinaria. Mina e Lorenzo si incrociano per la prima volta nei corridoi dell'ospedale, lui decisamente burbero e impertinente, lei scioccata ma incuriosita. Il destino comune che li lega a quelle quattro mura, a piantane e flebo, a medicine sempre diverse, a chemioterapie che lasciano ben poche forze addosso fa il resto. Sono insieme in quella battaglia, fianco a fianco, perchè in due si immagina meglio e quelle fragili urla così sovrapposte possono scacciare anche la più ostinata delle paure. E con le loro voci conosciamo meglio personaggi come il signore del tonno o il temuto dottor Tozzi, ma anche la realtà delle famiglie di questi piccoli eroi. E ognuno ha il suo mondo accanto, ognuno porta con sè una reazione diversa, quasi opposta in alcuni casi, dinanzi ad una tragedia che non si può nemmeno immaginare e che affrontare sembra quasi impossibile a qualsiasi età. 

Riprendendo per un attimo possesso delle mie facoltà da adulta e per un aspetto forse prettamente più anagrafico,  non posso che sentirmi vicina alle madri e ai padri che si alternano in quei corridoi e in quelle asettiche camere di ospedale. Ed è palpabile - anche attraverso una visione da bambina - quel senso di impotenza e di amore sconfinato insieme a silenzi assordanti e a paure che sanno togliere il respiro, ma che in nessun modo possono prendere il sopravvento.  Se per buona parte del romanzo la lettura è andata avanti senza particolari scossoni, è stato proprio il suo finale a consegnarmi la mazzata definitiva. Quell'ultima manciata di pagine mi ha letteralmente stretto il cuore.

Non che non mi aspettassi quelle parole, anzi. Sapevo che sarebbero arrivate ed ero anche pronta ad accoglierle, memore di pagine lette e fotogrammi passati su pellicole più o meno recenti.   A stupirmi, ancora una volta, è stata proprio l'immaginazione. Perché insieme alle parole sono arrivate le immagini, vivide, reali, in carne ed ossa. Leggevo e allo stesso tempo riuscivo a vedere quanto stava accadendo, potevo figurarmi ogni espressione, ogni respiro, anche il più piccolo rumore. Da un sorriso appena accennato ai pugni sbattuti sul vetro, dal fruscio di un camice al cigolio delle molle di un letto.  E quelle immagini sovrapposte a parole strozzate hanno creato qualcosa di autentico e bellissimo.

Ringrazio la casa editrice per la copia cartacea del romanzo

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