[ RECENSIONE ] Le lettere di Esther di Cécile Pivot | Rizzoli

LE LETTERE DI ESTHER  di Cécile Pivot
288 pagine | €18.00 cartaceo


“Da che cosa ti difendi?” è la prima, spiazzante domanda di Esther per i cinque sconosciuti che, rispondendo al suo annuncio, hanno scelto di mettersi in gioco. Attraverso piccoli quadri della loro vita quotidiana e l’intenso scambio epistolare si delineerà poco per volta il ritratto di una classe eterogenea e sorprendente: Samuel, il più giovane, che non riesce a piangere per la morte del fratello; Jeanne, ex insegnante di pianoforte, vedova, che si difende dalla solitudine accudendo animali maltrattati; Jean, un uomo d’affari disilluso che vive per il lavoro e ha perso contatto con le gioie più autentiche; Nicolas e Juliette, una coppia in crisi sulla quale il passato getta ombre soffocanti. Esponendo dubbi e debolezze all’ascolto e alle domande, la scrittura sarà, per loro, lo strumento per rivelarsi l’uno all’altro con sincerità.


Anche se lontana anni luce da quella comfort zone a cui troppo spesso ci attacchiamo, Le lettere di Esther si è rivelata essere una lettura terapeutica in una maniera così particolare ed inaspettata che ha quasi dell'incredibile. Il romanzo epistolare è, quindi, nelle mie corde? Anche in questo esatto momento non saprei dirvelo, davvero. Non ho esperienza del genere in questione e - a dirla proprio tutta - il mio unico caso di lettura epistolare risale ai tempi della scuola superiore con qualcosa che non ha proprio nulla a che fare con il romanzo di Cécile Pivot. Avete presente Storia di una capinera ? Ecco, ci siamo capiti.

Quindi, direte voi, perché questo salto nel buio? Prima cosa, mi è stato consigliato da chi mi conosce fin troppo bene e io prendo sul serio i consigli di lettura molto calorosi. Poi, almeno in questo ambito, amo rischiare, mi butto facilmente, accetto il rischio e qualche volta mi va pure bene. Come in questo caso, d'altronde. Spinta da una necessità personale e da quella forte nostalgia che ci coglie sempre un po' impreparati, Esther - libraia di Lille - decide di inaugurare un laboratorio di scrittura epistolare con un annuncio molto particolare che richiama la curiosità di cinque sconosciuti, anche se per ragioni profondamente diverse. Dopo essersi incontrati una sola volta dal vivo in un piccolo bar parigino, Jean, Nicolas e Juliette, Samuel e Jeanne inizieranno a scriversi lettere, a raccontarsi, a mettere a nudo la loro quotidianità, le loro mancanze, i loro sogni infranti, le loro speranze.  Pagina dopo pagina - o sarebbe meglio dire lettera dopo lettera - emergeranno le differenze nel porsi e nello scrivere, la paura di rivelarsi insieme al desiderio di confidarsi a qualcuno che non ti conosce, non sa nulla del tuo passato, non ti fissa negli occhi, non ti giudica, ma ti ascolta e ti legge, semplicemente. Non è, forse, più facile raccontarsi ad uno sconosciuto attraverso un foglio di carta bianco e la tua penna preferita in mano?

Quella che affronterete è una lettura lenta che si nutre della forza delle parole che i suoi protagonisti decidono di condividere. Alcune saranno forti, quasi disturbanti. Altre saranno certamente più leggere, quasi frivole per certi versi. Ma la bellezza di questo romanzo epistolare corale è la sorprendente capacità di ritrovarsi almeno in una delle vite raccontate. Il modo in cui ognuno di loro si approccia al suo vissuto risulta essere talmente onesto, puro, senza maschere o filtri di alcun genere da poterlo fare proprio. Che tu abbia vissuto o meno quella medesima esperienza rimani colpito dall'intensità di frasi che scaturiscono dalla parte più privata, nascosta, difesa. Quella che non vorremmo rivelare - o forse non siamo in grado di farlo - anche a chi ci sta accanto, a quanti ci amano, nonostante tutto. 

Agli occhi degli altri, una donna che non desidera procreare è incompleta,
o per forza vittima di un trauma e/o una nevrosi. 

E attraverso un mezzo di comunicazione oramai dimenticato verranno affrontate con delicatezza e rispetto tematiche importanti come la depressione e la perdita, la paura di non farcela e il desiderio di cambiare, la solitudine non riconosciuta e la voglia di essere visti davvero, almeno una volta nella vita. A noi che siamo abituati ad un mondo che corre troppe veloce e non si ferma mai, all'immediatezza di una mail o di un messaggio su WA, ecco, questo romanzo ci riporta anni e anni indietro, momenti che - a ben pensarci - le nuove generazioni non hanno nemmeno mai vissuto. Chiudere quel messaggio in una busta bianca con francobollo e indirizzo scritto a mano, attendere poi la risposta con crescente trepidazione, controllare la cassetta della posta ogni giorno e maledire poste italiane per la loro profetizzata lentezza. E poi - dopo giorni di attesa che sembrano quasi un'eternità - intravedere quella scrittura così familiare, strappare la busta e scorrere con gli occhi le prime righe, correre in camera, sbattere la porta e leggere, leggere ancora.

Ecco, in questo romanzo c'è tutto questo e, forse, anche qualcosa di più. Ogni sensazione, ogni emozione, ogni reazione spontanea esce letteralmente fuori dalla pagina. A tratti vi sembrerà quasi di sentire le loro voci farsi più alte nei momenti di incomprensione o di umana intolleranza per poi diventare più leggere e soavi quando comprensione ed empatia si prenderanno, infine, la scena principale. 

Se siete nostalgici di quel vecchio amico di penna o siete troppo giovani per averne avuto uno (beati voi), la vostra prossima lettura è servita. E non ringraziatemi. O forse sì.

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