NON SOLO 27 GENNAIO - La memoria rende liberi di Enrico Mentana e Liliana Segre | Rizzoli

LA MEMORIA RENDE LIBERI di Enrico Mentana e Liliana Segre
256 pagine | €10.00 cartaceo (copertina flessibile)


Liliana ha otto anni quando, nel 1938, le leggi razziali fasciste si abbattono con violenza su di lei e sulla sua famiglia. Discriminata come "alunna di razza ebraica", viene espulsa da scuola e a poco a poco il suo mondo si sgretola: diventa "invisibile" agli occhi delle sue amiche, è costretta a nascondersi e a fuggire fino al drammatico arresto sul confine svizzero che aprirà a lei e al suo papà i cancelli di Auschwitz. Dal lager ritornerà sola, ragazzina orfana tra le macerie di una Milano appena uscita dalla guerra, in un Paese che non ha nessuna voglia di ricordare il recente passato né di ascoltarla. Dopo trent'anni di silenzio, una drammatica depressione la costringe a fare i conti con la sua storia e la sua identità ebraica.

La notte aprivo gli occhi e lo trovavo inginocchiato accanto a me che piangeva
e mi chiedeva scusa per avermi messo al mondo.
Che cosa vuoi rispondere a un padre che ti dice una cosa del genere?

Perchè solo il 27 gennaio? Ogni anno in questa data siamo letteralmente sommersi da post social e articoli di giornale, memorie storiche e speciali in televisione. Tutti hanno qualcosa da dire, da condividere, da mostrare.  Come fosse una moda. E' terrificante. E quando quel giorno giunge al termine ecco che ogni luce si spenge, nessun riflettore rimane puntato su qualcosa che ancora pulsa forte e sottovalutato in gran parte d'Europa. Non si parla più di antisemitismo e di odio razziale. Non si condividono letture. È come se la memoria desse retta ad un calendario imposto, come qualcosa che abbia il suo inizio e la sua fine in appena ventiquattro ore. Eppure - numeri alla mano - da una recente indagine Eurispes circa 15 italiani su 100 negano che la Shoah sia veramente esistita. Un numero enorme che deve fare paura.

La memoria rende liberi è la storia di una bambina che non si è mai sentita ebrea e di una vita bruscamente interrotta dalla Shoah. Se vi aspettate di trovare al suo interno pagine e pagine su Auschwitz, forse, ne rimarrete delusi. Ma se avete avuto la fortuna di sentire parlare Liliana Segre sapete anche che non poteva essere altrimenti. D'altronde, Mentana nella sua introduzione è perentorio: la vergogna assoluta della discriminazione degli ebrei è cominciata ben prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, molti anni prima della soluzione finale. Ecco perchè limitarsi al solo perimetro di Auschwitz non è più sufficiente. Così, attraverso le parole e i ricordi di Liliana Segre,  iniziamo a capire come sia stato impossibile per moltissimi ebrei italiani rendersi pienamente conto di quello che sarebbe accaduto dopo appena pochi mesi. Non esiste alcun problema ebreo in Italia, furono le parole di Mussolini ad un'emittente americana. Gli italiani ebrei sono al sicuro, continuava ancora. Nulla era stato scritto nero su bianco, non come accaduto in Germania con il Mein Kampf di Hitler. La questione semita in Italia non aveva il benché minimo fondamento. Eppure, donne e bambini, uomini e vecchi furono strappati dalle loro case, venduti e denunciati da amici, conoscenti e vicini per essere consegnati nelle mani dei loro stessi assassini. 

Un conto è guardare e un conto è vedere, e io per troppi anni ho guardato senza voler vedere.

Quella raccolta da Mentana in questo libro è una testimonianza vera, cruda, commovente e intensa capace di ripercorrere tappe fondamentali di quello che non può e non deve essere dimenticato. Dall'infanzia al legame inscindibile con il padre Alberto, dalle persecuzioni razziali al lager fino alla marcia della morte, poi la vita libera, il rapporto sempre contrastato con la sua identità ebraica fino alla depressione e alla rinascita ritrovata sull'orlo del baratro grazie all'amore del marito Alfredo e dei suoi tre figli. Lo stesso amore che ha portato Liliana Segre dopo anni di ostinato silenzio a ricordare, parlare e condividere il bene più prezioso: la memoria di quello che è stato.

È una verità che non nasconde macchie o recriminazioni. Liliana Segre racconta senza mezzi termini la sua personale sopravvivenza, l'unica possibile per una bambina lasciata sola nell'inferno glaciale di Auschwitz. Per uscire dall'incubo l'unico modo era voltare la faccia dall'altra parte, non vedere. Mi sono sempre proibita di vedere. Cita più volte Primo Levi e una frase in particolare mi ha colpita più delle altre continuavo a sorprendermi del male altrui. Mi ha lasciato atterrita, senza fiato, con il cuore pesante. Ci sono varie pieghe in questo libro capaci di lasciare un segno forte, una scia di un dolore lontano che per nostra fortuna abbiamo appreso solo tra le pagine di un libro di storia o attraverso una testimonianza diretta, ma è proprio qui che si nasconde il messaggio più forte della memoria. La chiave per comprendere le ragioni del male è l'indifferenza: quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c'è limite all'orrore. Ed è vero. L'indifferenza e l'ignoranza hanno contribuito a scrivere le pagine più buie del nostro recente passato e - temo - contribuiranno anche a scrivere molte del futuro.

Sapete, mentre in queste ultime settimane passavano in televisione immagini raccapriccianti di uomini e donne travestiti da prigionieri ebrei con tanto di filo spinato e stella di davide attaccata sul petto, mi sono chiesta cosa potessero provare quanti quell'inferno lo avevano visto con i propri occhi e subito sulla propria pelle. Ecco perchè non basta più la giornata della memoria. Leggiamo, dubitiamo, poniamoci domande. Non facciamoci colpire dall'ignoranza altrui, non voltiamoci dall'altra parte, non lasciamo passare certi gesti come pura goliardia di pochi perchè - anche allora - da pochi, forse pochissimi, tutto era partito. Il silenzio e l'apatia di tanti, forse troppi, hanno fatto, poi, la differenza.

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