[ RECENSIONE ] Il ballo delle pazze di Victoria Mas | Edizioni E/O

IL BALLO DELLE PAZZE di Victoria Mas
181 pagine | 18.60€ cartaceo
Edizioni E/O | Llink Affiliato Amazon


Parigi, 1885. A fine Ottocento l'ospedale della Salpêtrière è né più né meno che un manicomio femminile. Certo, le internate non sono più tenute in catene come nel Seicento, vengono chiamate "isteriche" e curate con l'ipnosi dall'illustre dottor Charcot, ma sono comunque strettamente sorvegliate, tagliate fuori da ogni contatto con l'esterno e sottoposte a esperimenti azzardati e impietosi. Alla Salpêtrière si entra e non si esce. In realtà buona parte delle cosiddette alienate sono donne scomode, rifiutate, che le loro famiglie abbandonano in ospedale per sbarazzarsene. Alla Salpêtrière si incontrano: Louise, adolescente figlia del popolo, finita lì in seguito a terribili vicissitudini che hanno sconvolto la sua giovane vita; Eugénie, signorina di buona famiglia allontanata dai suoi perché troppo bizzarra e anticonformista; Geneviève, la capoinfermiera rigida e severa, convinta della superiorità della scienza su tutto. E poi c'è Thérèse, la decana delle internate, molto più saggia che pazza, una specie di madre per le più giovani. Benché molto diverse, tutte hanno chiara una cosa: la loro sorte è stata decisa dagli uomini, dallo strapotere che gli uomini hanno sulle donne. A sconvolgere e trasformare la loro vita sarà il "ballo delle pazze", ossia il ballo mascherato che si tiene ogni anno alla Salpêtrière e a cui viene invitata la crème di Parigi. In quell'occasione, mascherarsi farà cadere le maschere.



Se non fosse stato per un consiglio (sempre dato in modo molto pacato e per nulla incisivo) con ogni probabilità non avrei mai letto questo romanzo e - credetemi - sarebbe stato davvero un peccato. Al suo romanzo d'esordio, Victoria Mas racchiude in appena centottantuno pagine una storia ricca di particolari, emotivamente dolorosa sotto vari punti di vista, accarezzata da personaggi femminili spezzati eppure dignitosi senza lasciare indietro nulla di non detto, nulla di mancante. È una storia piena e convincente, scorre con una facilità che sorprende e non vorresti lasciarla andare. Forse è proprio vero: dal Salpêtrière, una volta entrati, non si esce più.


Siamo a Parigi nel 1885 a pochi giorni dal ballo di mezza quaresima. Il ballo delle pazze è un evento irrinunciabile tanto per le internate che lo aspettano con fermento ed entusiasmo quasi fanciullesco quanto per l'alta borghesia parigina che, in quelle poche ore, riuscirà a trovare risposta alle tante domande che vorticano attorno a quelle quattro mura così chiacchierate. Ma chi sono davvero le pazze? Provo a darvi una risposta: sono donne di ogni età ed estrazione sociale condannate ad una prigionia ingiustificata e senza alcun fondamento da uomini il cui giudizio - nella stragrande maggioranza dei casi - risulterà essere perpetuo ed insindacabile. E la loro colpa? Essere eccentriche e ambiziose o anche ricche di passioni e intelletto oppure aver osato reagire ad uno stupro. Sono comportamenti che non possono essere tollerati né tanto meno compresi da una società maschilista e superiore, atteggiamenti che devono essere messi a tacere in quanto sbagliati, folli, da correggere.

Non sono più mogli, madri o adolescenti, non sono donne da guardare
o da prendere in considerazione, non saranno mai donne da desiderare
o a cui volere bene: sono malate. Pazze. Fallite.

Ecco che trovano confinamento al Salpêtrière. Condotte lì dagli stessi padri che le avevano accudite da bambine e che ora riescono a vedere in quello stesso viso solo depravazione, vergogna e disprezzo. Il male che le affligge è conosciuto come isteria femminile - diagnosi ovviamente creata da uomini per giustificare ogni loro azione - e qui curata attraverso l'ipnosi dal dottor Charcot, un luminare della neurologia parigina, avente lo specifico scopo di creare da zero attacchi nevrotici sulle sue inconsapevoli pazienti. Reazioni visivamente d'impatto per ammaliati spettatori ancor più eccitati da quelle scene così inaudite e imprevedibili quanto terribili per le sciagurate che subiscono sul proprio corpo una violenza e un'umiliazione che mai avrebbero meritato di provare. Leggendo questo romanzo sono molte le emozioni che vengono tirate in ballo. In primo luogo c'è l'empatia che sorge quasi spontanea e inevitabile nel momento esatto in cui si entra a contatto con il passato delle quattro protagoniste. C'è comprensione, da una parte, ma anche affetto e pietà per un destino crudele che mai avrebbero meritato di subire. Persiste la rabbia che rimane quasi nello sfondo dell'intera vicenda pronta a esplodere al momento opportuno, facendo ben più rumore di quanto si potrebbe pensare.

In realtà, molte delle sensazioni provate ad inizio lettura - nei confronti di un personaggio in particolare - sono state completamente travolte dall'evolversi narrativo creando, in questo modo,  un movimento continuo (quasi imprevedibile in prima battuta) accompagnato da un dinamismo in grado di dare ritmo e profondità alla storia. Una scelta perfetta che ho particolarmente apprezzato. Così come ho amato quel finale dolce e amaro che si rincorre con ansia e la giusta dose di incertezza sino alle ultime glaciali, ingiuste eppure attese parole.

Quando diciamo la verità non sappiamo mai davvero se abbiamo fatto bene a dirla.
Sebbene sul momento sia un sollievo, l'onestà si trasforma presto in rimpianto.

Avrete capito, credo, quanto io sia rimasta sorpresa da questo romanzo. Non me lo aspettavo, eppure Victoria Mas in così poche pagine è riuscita a fare quello che molti scrittori - anche con molta più esperienza alle spalle - non sono stati in grado di trasmettere in centinaia e centinaia di pagine. E il trucco sta proprio in quelle parole capaci di fare la differenza. Il ballo delle pazze è un inno alla libertà delle donne. Libertà che, sotto diversi punti di vista, viene negata ancora oggi in nome di una apparente superiorità maschile che potrebbe essere smontata in pochi, semplicissimi passi. E gli uomini descritti in queste pagine sono prova inconfutabile del loro stesso fallimento e di quella paura impronunciabile di essere battuti dalle stesse donne su cui riversano il loro potere e il loro comando.

E, allora, ditemi, chi sarebbe il sesso debole?

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